Monastero

I Cadaveri Immacolati del Dott. Alfredo Salafia alle Catacombe di Palermo (Palermo, Sicilia, Italia)

Le Catacombe di Palermo – o, con il loro nome proprio, le cripte sotto il convento dei Cappuccini di Santa Maria della Pace a Palermo, in Sicilia – custodiscono la più prodigiosa collezione di mummie d’Europa. Le loro origini risalgono al 1599 quando il primo esemplare, Frate Silvestro di Gubbio, fu deposto in un sotterraneo, insieme ai resti sparsi di monaci portati da un precedente convento. Per circa i successivi tre secoli, i fratelli dell’Ordine si adoperarono per preservare i corpi dei confratelli, oltre a vari stimati personaggi locali, collocando i cadaveri preparati nei cunicoli sotterranei in continua espansione. La mummificazione alla fine divenne una sorta di industria artigianale e un mezzo per sostenere il monastero; nella sua forma finale, il sito comprendeva ampie sezioni sia per ecclesiastici che per laici, e aree riservate a professionisti, donne, bambini e persino vergini.

Il termine “mummificazione” qui deve essere qualificato, tuttavia, chiamare i corpi a Palermo mummie è piuttosto generoso, dal momento che molti di loro sono poco più che scheletri, tenuti insieme da minuscoli frammenti di carne secca e legamenti. I mezzi di conservazione sviluppati dai monaci prevedevano un’applicazione di arsenico per prevenire la crescita di batteri, seguita dalla disidratazione. I cadaveri (che erano stati impanati con la paglia) venivano adagiati su doghe in un colatoio (“essiccatoio”) sottostante il monastero, per permettere al sottosuolo tufaceo di disseccarli naturalmente il più possibile. Il processo è durato da otto mesi a un anno e i risultati sono stati spesso dubbi e talvolta orribili, fino a quando il dottor Alfredo Salafia è arrivato e ha perfezionato un processo di mummificazione che ha prodotto esemplari che non hanno mai avuto rivali.

Salafia nacque in una famiglia di militari nel 1869, ma esiste poca documentazione dei suoi primi anni di vita. Si è formato come medico e alla fine ha ottenuto un posto presso l’Università di Palermo, dove ha iniziato una serie di esperimenti di imbalsamazione, lavorando su corpi non reclamati dagli obitori locali. Elaborando i propri metodi, si guadagnò una reputazione favorevole grazie allo stato incontaminato dei suoi cadaveri e nel 1902 gli fu chiesto di restaurare le spoglie del defunto primo ministro italiano Francesco Crespi. Il corpo era stato affidato a una squadra di imbalsamatori napoletani che lo avevano preparato e spedito nella nativa Sicilia di Crespi, ma il loro lavoro si rivelò inadeguato, provocando adipocere, o quella che a volte viene chiamata “cera tombale”, un accumulo di cera di acidi grassi nel viso e negli organi interni del corpo, che possono assumere una colorazione grigiastra o marrone chiaro.

Si pensava che la deturpazione prodotta dalla condizione non fosse reversibile, ma Salafia lavorò per mesi sul cadavere di Crespi e ne ripristinò completamente l’aspetto, utilizzando iniezioni di paraffina per riformare i lineamenti del viso e riattaccando meticolosamente ciocche di capelli e barba che si erano staccate. Il risultato fu un trionfo pubblico: ottenne la sua prima grande fama quando furono organizzati pellegrinaggi per vedere il corpo di Crespi. La reputazione di Salafia crebbe ulteriormente quando gli fu chiesto di occuparsi di un altro cadavere di alto profilo, quello dell’arcivescovo di Palermo, il cardinale Michelangelo Celesia, morto nel 1904. La sua immacolata conservazione di Celesia fu considerata una sensazione; l’arcivescovo è stato esposto nelle Catacombe di Palermo per cinque anni fino a quando non è stato finalmente trasferito nella cattedrale, ancora così fresco da essere descritto come avente l’aspetto di “un uomo che dorme”.